dott. Francesco Candeloro |
La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è il disordine ginecologico più comune dell’età riproduttiva (5-10% delle donne in età fertile) e la causa più frequente di infertilità e sterilità. Non è infrequente, tuttavia, ritrovare nella storia clinica delle pazienti elementi in grado di far risalire i primi sintomi della malattia all’infanzia o alla pubertà, e comprendenti: la tendenza al sovrappeso o alla franca obesità, irregolarità del ciclo mestruale fin dalla sua comparsa (menarca), una peluria eccessiva, e ancora acne della cute del viso.
La sindrome dell’ovaio policistico ha anche una certa quota di ereditarietà, ma certamente le abitudini alimentari e lo stile di vita sono determinanti al suo estrinsecarsi.
In presenza della sindrome, le ovaie, allo studio ecografico, presentano dimensioni superiori alla media dovute alla presenza, al loro interno, di numerose cisti, ovvero piccole cavità ripiene di liquido, che altro non sono che follicoli mai giunti a maturazione. Per questo motivo l’ovulazione di queste pazienti avviene raramente e, conseguentemente, è presente, altrettanto spesso, una condizione di infertilità. Oltre alle variazioni del ciclo mestruale precedentemente elencate, le pazienti affette da questa sindrome possono presentare anche: aumento dei peli superflui su viso e corpo (irsutismo), e maggiormente su mento, labbro superiore, braccia, gambe e addome; acne della cute del viso, pelle grassa e/o forfora del cuoio capelluto; sovrappeso o franca obesità dovuta al fatto che le cellule dell’organismo sono resistenti all’azione dell’insulina, l’ormone che regola il metabolismo dello zucchero presente nel sangue: ciò impedisce ai tessuti di utilizzarlo correttamente, e così viene immagazzinato nell’organismo sotto forma di grasso.
Le cause della Sindrome dell’ovaio policistico non sono ancora state definite con chiarezza. L’ipotesi al momento più accreditata, circa l’eziopatogenesi della sindrome, sarebbe la seguente: esisterebbe un’eccessiva produzione in circolo di ormoni androgeni dovuta alla formazione di questi a partire dagli estrogeni, e provocata a sua volta dal tessuto adiposo in eccesso; gli ormoni androgeni favorirebbero, così, l’immissione in circolo di ormone LH, che a sua volta stimolerebbe la produzione di estrogeni dalle ovaie, perpetuando il circolo vizioso; parallelamente si avrebbe una riduzione dell’FSH che provocherebbe la mancata ovulazione dei follicoli giunti a maturazione – con la conseguente loro trasformazione in cisti – e a volte, e in associazione, un’aumentata produzione di prolattina.
La terapia tradizionale utilizza spesso più presidi terapeutici proprio per affrontare le diverse manifestazioni cliniche della sindrome. Tra i farmaci più utilizzati ricordiamo la Metformina, che aumenta la sensibilità dei tessuti all’azione dell’insulina e favorisce quindi il dimagrimento. Sulla funzione ovarica/ipotalamica, invece, vengono utilizzati per lo più farmaci ad azione antiestrogena, tra i quali il Clomifene citrato che favorisce l’incremento dell’FSH e quindi aumenta la probabilità di ovulazione; tuttavia in donne che hanno effettuato questa terapia si è avuto spesso un incremento di malformazioni congenite durante gravidanze da essa indotte, sebbene non si sia certi dell’effetto diretto del farmaco.
La necessità di trattare questa sindrome, comunque, non dipende semplicemente dal fatto di contrastare l’infertilità che può derivarne, o gli inestetismi fisici che spesso la rivelano, quanto piuttosto di prevenire le sue complicanze nel tempo, e cioè la comparsa di un diabete franco che, unito alla dislipidemia, favorirà l’insorgenza di malattie vascolari come ipertensione e cardio e cerebropatie su base ischemica, ma anche la possibile alterazione morfo-funzionale dell’utero, fino alla comparsa in esso di lesioni anche cancerose, dovute alla sua eccessiva stimolazione da parte degli estrogeni circolanti.
Nell’ottica di dover necessariamente intervenire, pertanto, l’omeopatia si pone sempre come la terapia alternativa più efficace e sicura, perché in grado di affrontare contemporaneamente i diversi aspetti della sindrome, come conseguenza di un unico squilibrio funzionale che investe l’organismo, per l’appunto, nella sua totalità.
L’omeopatia, infatti, può agire, fin dall’età pre-pubere e adolescenziale, attraverso una terapia cosiddetta costituzionale che è in grado di migliorare il corretto funzionamento di tutto l’organismo, facilitando l’adesione del soggetto alla dieta e all’attività fisica proprio in quelle costituzioni che sono più frequentemente gravate dalla sindrome, e cioè la costituzione carbonica, che tende abitualmente al sovrappesso e alla obesità, e quella sufurica che tende, invece, alla demineralizzazione (costituzione muriatica) e come tale è caratterizzata dall’ incapacità dell’organismo ad espandere i tessuti interstiziali, per contrastare il grado di autointossicazione che gli deriva, inevitabilmente, da abitudini errate sui piani alimentare e comportamentale. Sebbene tendenzialmente longilinea, infatti, quest’ultima costituzione è spesso gravata dalla sindrome proprio per una sempre minor capacità della persona ad aprirsi e relazionarsi, in maniera adeguata, con il prossimo, cosa che ovviamente è alla base anche di una corretta funzione genitale–riproduttiva. E così proprio la sua osservazione in due costituzioni tanto diverse, ma anche così spesso gravate dal problema, ci fa capire come l’omeopatia sia l’unica terapia in grado di riconoscere una diversa eziologia alla base della sua insorgenza che, nel caso delle costituzioni più robuste, è la conseguenza della tendenza all’iperalimentazione, e soprattutto al consumo in prevalenza di zuccheri semplici, che esercitano uno stimolo pronto proprio su persone – per costituzione, appunto – sempre facilmente affaticate/preoccupate da sforzi e impegni di qualsiasi natura; d’altro canto nella costituzione più longilinea, invece, la sindrome è spesso il risultato, anche qui, sì di uno stesso tipo di dismetabolismo, che tuttavia in questo caso è sotteso dalla tendenza dell’organismo, per contrasti e opposizioni, a rinchiudersi sempre di più su se stesso, e quindi ad opporsi istintivamente alla vita e alla sua fecondità.
Se dunque la medicina tradizionale tratta solo gli aspetti secondari della sindrome, è evidente invece come l’omeopatia agisca in entrambi questi due casi decisamente più in profondità, proponendosi come cura veramente eziologica – e come tale beneficamente e progressivamente risolutiva – in quanto in grado di modificare il quadro complessivo come conseguenza di uno stimolo profondo, capace di innescare una modificazione importante nell’orientamento esistenziale della persona, che la renderà nuovamente aperta e fiduciosa nella vita e nella sua naturale tendenza ad affermarsi nel tempo, aldilà di ogni paura, inibitoria, e di ogni opposizione o contrasto, vissuto come insuperabile o imperdonabile.