di Arianna Tarquini

Si è spento all’età di 87 anni il Professor Franco Mandelli, nato a Bergamo, laureato a Milano nel 1955 e trasferitosi a Parma e successivamente a Roma, dove è diventato una figura di spicco nella lotta alle malattie del sangue, in particolare contro il linfoma di Hodgkin e delle leucemie acute. Definito il padre dell’ematologia italiana, Presidente del gruppo italiano malattie ematologiche dell’adulto (Gimema) e dell’Associazione italiana contro le leucemie (Ail), ha pubblicato più di 700 studi scientifici.

Una vera e propria pioggia di ricordi e commozione si è abbattuta sui social, Facebook e Twitter in particolare, per commentare la sua morte. Sono state moltissime le persone che hanno postato un proprio ricordo, ringraziandolo per le sue capacità scientifiche ma anche umane. Anche noi di Salute Plus lo ricordiamo con affetto e commozione. Diverse volte il Prof. Mandelli ci ha onorati dei suoi scritti.

“Grazie a te, ai tuoi studi e a tutte le persone della Ail oggi sono vivo, riposa in pace grande uomo”, scrive un utente su Twitter, mentre c’è chi ricorda che “ha salvato mia madre” o “curò mio padre. È proprio vero che rispondeva al telefono”. Nei post in cui l’Ail annuncia la morte o commemora la figura di Mandelli, si accavallano i ricordi: “mio figlio Tommaso ha oggi 34 anni ed a breve mi renderà anche nonno. Tutto questo, forse, non sarebbe stato possibile se non ci fosse stato Lei”. “Addio Prof che quando hai diagnosticato il male a mio figlio ti sei alzato dalla tua sedia e sei venuto a posare la tua mano sulla mia spalla e con un sorriso mi hai detto ‘tranquilla signora si può curare, andrà tutto bene'”, o ancora “Ricordo quando la mattina entrava nella mia stanza con la sua solita energia e il suo sorriso contagioso… avevo 20 anni e lei e la sua clinica mi avete salvato la vita”. C’è anche chi ricorda la sua vita universitaria, da professore: “di lui ho un ricordo unico: tra noi studentelli era già un grande… la sua vita era talmente dedicata alla ricerca e alla clinica che spesso dormiva in istituto”.

“È stato il volto umano della medicina”. Così Don Nicola Filippi, il parroco della chiesa di San Roberto Bellarmino a Roma, ha ricordato durante la cerimonia per l’ultimo saluto il Prof. Mandelli, in una chiesa gremitissima di volontari dell’Ail, pazienti e familiari. Il parroco ha fatto un parallelo con la parabola del buon samaritano: “Ha incontrato lungo la sua esistenza persone aggredite da un male terribile, leucemie o linfomi – ha spiegato – anche lui non si è voltato dall’altra parte”. Don Filippi ha anche evidenziato che “per Mandelli non c’era una malattia da sconfiggere, ma c’era un malato, una persona di cui prendersi cura”.

E proprio della centralità della persona nell’approccio alla cura del Prof. Mandelli hanno parlato il presidente dell’Ail Sergio Amadori e il vicepresidente Marco Vignetti. Per il Professore il paziente era al centro e non la malattia; era testardo e grande studioso della ricerca. I risultati raggiunti per lui erano una ricchezza da trasmettere.

Anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha espresso la sua vicinanza alla famiglia, indicandolo fra gli italiani che hanno contribuito a rendere migliore la nostra società. Il suo lungo, costante e prezioso contributo ad assicurare l’esistenza di donne, uomini e bambini del nostro Paese, e non soltanto di esso, si è espresso nel valore della sua ricerca scientifica, continuamente avanzata, nell’insegnamento, nella formazione di tanti medici e ricercatori, nelle numerose iniziative di solidarietà e di promozione della prevenzione delle malattie.

Pubblicato nel mese di Luglio 2018