Fernando Colao

Prof. Fernando Colao
Specialista in Ortopedia, Traumatologia, Protesistica

Firenze
Via Marsilio Ficino, 9, 50132

Tel: 333 64 26 510
prof.fernandocolao@gmail.com
www.fernandocolao.it

Prof Fernando Colao

si è formato, dopo il liceo classico e la laurea in medicina e chirurgia con il massimo dei voti e la lode, alla scuola dell’istituto ortopedico toscano, con il Professor Palandri e il Professor Nigrisoli, per poi accedere al CTO di Firenze presso la Clinica Ortopedica dell’Università dove è stato allievo prediletto del Professor Piero Dini docente di chirurgia ortopedica presso la stessa Univesrità e del Professor Gabriele Stringa, direttore di cattedra della prima clinica ortopedica e della scuola di specializzazione.
Il Prof Fernando Colao è stato medico interno presso il Professor Viladot a Barcellona e presso il Professor Bousquet a Marsiglia nonché fellow-ship al New York Memorial for Special Surgery.

E’ stato aiuto incaricato presso l’ospedale di Grosseto per un breve periodo. Il Prof Fernando Colao attualmente opera eseguendo interventi di microchirurgia ortopedica, chirurgia protesica articolare su anca, ginocchio, spalla e caviglia, chirurgia endoscopica articolare di spalla e ginocchio e mantiene il perfezionamento in chirurgia del piede. Gran parte della attività scientifico chirurgica dell’equipe del Prof Fernando Colao, viene dedicata alle nuovissime tecniche di impianto da cadavere e agli impianti con cellule staminali. Numerosi interventi di ricostruzione tendinea e legamentosa per lesioni della cuffia dei rotatori e dei crociati vengono eseguiti con legamenti artificiali in microchirurgia. Attualmente opera in sale operatorie del centro nord Italia ed è docente di Chirurgia Ortopedica e Fisiokinesiterapia.

Il Prof Fernando Colao ha dedicato inoltre gran parte della sua vita all’aspetto clinico e non solamente chirurgico al fine di poter alleviare le sofferenze dei propri assistiti sia in ambito pubblico che privatistico cercando di ridurre al minimo lo stress e il dolore che le patologie ortopediche di per sé stesse producono. Ha fatto del motto “Fare bene” un motivo di vita, mettendo al primo posto la salute e la serenità del paziente. Ciò è stato frutto di un percorso iniziato fin da ragazzo e attualmente, raggiunti i livelli didattici istituzionali crede fermamente che suo compito sia trasferire ciò ai numerosi allievi che lo circondano.


LA MISSION

Fin da ragazzo ho sempre creduto che la giornata trascorsa poteva concludersi in due modi: con profonda soddisfazione e senso di soddisfatta stanchezza oppure con senso di indolente quotidianità e di mancanza di risultati concreti raggiunti. Per questo, guidato dalle figure di mio padre e di mia madre, amorevoli e presenti mentori, ho sempre mirato a lasciare un segno nella realtà quotidiana che mi circondava.
Osservando le smorfie di dolore che mia sorella Alessandra faceva quando un dentino deciduo stava per cadere, avvertii subito dall’età di 8 anni la necessità di cercare di portare aiuto togliendo la causa del dolore.
Allora ciò si concretizzava nell’estrazione del dente in maniera traumatica attaccando un filo alla maniglia di una porta che chiudendosi velocemente estraeva il povero piccolo dente, poi successivamente, capendo che su un foruncolo infetto in presenza di pus, nell’atto di appoggiare sopra uno spillo arroventato, si provocava immediatamente, dopo il grido di dolore del malcapitato, un miglioramento quasi immediato: la cavia era sempre mia sorella, unico paziente allora a mia disposizione.

Il tremore e l’emozione che mi prendevano quando entravo da piccolo visitatore all’ Istituto Ortopedico Toscano a trovare mio zio primario erano incredibili. Non solo adoravo l’odore di disinfettante tipico dell’ospedale, ma il bianco lucente del

camice di mio zio mi rapiva letteralmente gli occhi, e già capivo la differenza e l’importanza di quel camice rispetto ai camisacci e agli zuccotti bianchi che gli infermieri portavano. Capì allora, ad 8 anni, che nella mia vita il mio compito era togliere il dolore agli altri essere umani e parallelamente accomodare le “macchine uomo”.
Gli studi liceali volati via con successo erano solo un ottimo trampolino di lancio per accedere finalmente alla mia strada finale: iscrivermi alla Facoltà di Medicina e Chirurgia. Esame dopo esame, anno dopo anno si realizzava il mio sogno. Finalmente, una mattina di maggio del 1985, entrai nel reparto di medicina interna diretto dal Professor Brunetto Tarquini e dal Professor Mario Cagnoni.
Mi resi conto allora che mi stavo avvicinando a ciò che più nella vita desideravo: alleviare e far scomparire il dolore negli altri. Ma quando poi allievo interno potetti finalmente accedere al reparto del Professor Camillo Cortesini, reparto di Clinica Chirurgica Generale, e conobbi il Professor Paparozzi, capì che la mia strada era la Chirurgia. Dovevo fare il chirurgo. Il resto è stata una strada tutta in discesa: la scoperta della regina delle Chirurgie, la Chirurgia Ortopedica, la gioia di frequentare i reparti Ortopedici, la Traumatologia, il Pronto Soccorso, l’incontro determinante con il Professor Piero Dini e con il Professor Gabriele Stringa. Ero riuscito con estrema facilità a

realizzare la mia più alta aspirazione e a concretizzare nella vita ciò per cui il mio cervello era concepito: ACCOMODARE LE MACCHINE UOMO.
Credo che non sia solamente la laurea in Medicina e Chirurgia o le specializzazioni che negli anni ho conseguito o i tanti anni di insegnamento universitario che mi danno ancora oggi l’entusiasmo, la capacità nell’ascoltare e nel curare gli altri e la gioia che avverto quando gli esseri umani che ho in cura migliorano rapidamente. Credo che non sia solamente lo status sociale o economico che la mia capacità mi ha permesso di raggiungere che ancora oggi mi spingono a prodigarmi quotidianamente e a correre senza sosta da Roma a Bologna a San Donà di Piave. Credo che non sia solamente il riconoscimento anche affettivo che tante persone negli anni mi hanno tributato per aver tolto loro la sofferenza. Credo che non sia solamente il sorriso di uno studente a cui ho dato 30 e lode che mi permette ancora oggi di essere così impegnato nell’attività didattica e così affascinato dal trasmettere il sapere. Credo di essere così perché, per volontà di Dio, dentro di me c’era una scintilla: LA SCINTILLA DELLA CHIRURGIA CHE, UNITA ALLA VOLONTÀ DI FARE BENE, DIVENTA UN VERO E PROPRIO INCENDIO.