Dall’analisi del DDL Bilancio 2025 è evidente come esso presenti un quadro di politiche frammentarie rispetto agli Obiettivi di sviluppo sostenibile sul cui raggiungimento l’Italia è in corsa. Pur contenendo alcune misure condivisibili e utili per stimolare l’attività economica ed affrontare alcune problematiche di natura sociale, la proposta di Legge di bilancio 2025 appare in difficoltà nell’imprimere la corretta accelerazione per affrontare l’attuale sviluppo italiano.

Da una parte, essa sembra non cogliere le opportunità derivanti da direttive e regolamenti europei recentemente varati e non proporre un quadro coerente di azioni in grado di sfruttare le utilità offerte dai fondi europei e dalle nuove regole fiscali comuni concordate all’inizio del 2024 dall’Unione europea. Per le stesse motivazioni, essa sembra non riuscire a produrre un effetto catalizzatore per la finanza privata sui settori fondamentali per il futuro dell’economia italiana.

Dall’altra, gli investimenti per la transizione ecologica, digitale e per la costruzione di un sistema produttivo-sociale sostenibile e resiliente non possono essere rinviati. La crescente frequenza di eventi calamitosi climatico-ambientali che hanno colpito anche l’Italia, determinando ingenti danni sociali ed economici, conferma quanto affermato negli anni dalle istituzioni scientifiche internazionali. La scelta di optare per un rientro più graduale dagli squilibri di finanza pubblica, da compiere in sette anni invece che in quattro, può consentire un’attenta definizione di riforme e investimenti in grado di cambiare la traiettoria del nostro Paese e rappresentare una certezza tra gli interventi che si intendono assumere dopo il 2026, quando il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) avrà esaurito i suoi effetti.

Le nuove regole fiscali europee impongono un più stretto legame tra Piano Nazione di Ripresa e Legge di Bilancio ed appare importante focalizzare l’attenzione sull’impatto atteso rispetto agli indicatori di benessere equo e sostenibile; alle transizioni ecologica e digitale; alla giustizia intergenerazionale; alla Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile; al Piano di accelerazione che il Governo si è impegnato in sede ONU a predisporre per accelerare il cammino verso il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030. Le valutazioni d’impatto dovrebbero essere effettuate in maniera sistematica e prima di adottare il provvedimento. È necessario dunque rendere operativo il Programma nazionale per la coerenza delle politiche per lo sviluppo sostenibile (PAN PCSD), che prevede meccanismi per valutare la coerenza delle diverse politiche pubbliche, e quindi anche delle singole misure di bilancio.

Nonostante il DDL presenti diverse misure per una maggiore equità sociale, per contrastare la povertà assoluta e risorse per finanziare i livelli essenziali delle prestazioni riguardanti i diritti civili e sociali, da garantire su tutto il territorio nazionale, sono ancora molte le sfide che attendono questo Governo e non abbastanza le politiche e le misure di sostegno indirizzate a lavoratori e imprese. Il Paese deve essere in grado di rispondere alle necessità attuali e future determinate dai mutamenti economici, tecnologici e demografici in corso.

Andrebbero definite misure complementari rispetto a quanto già programmato nel PNRR e nelle Politiche di coesione per la riduzione del divario occupazionale di genere. L’obiettivo è di garantire che le risorse umane siano adeguate, sia a livello qualitativo che quantitativo, a supportare lo sforzo trasformativo a cui è chiamata la società italiana nel medio-lungo termine, a servizio dei bisogni sociali primari (quali salute ed educazione) e per supportare la trasformazione del sistema economico-produttivo e dunque la crescita economica necessaria a garantire una maggiore stabilità di bilancio.