Intervista di Arianna Tarquini
L’endometriosi è una malattia cronica che colpisce le donne in età fertile più frequentemente dai 25 ai 35 anni, caratterizzata dalla presenza di cellule endometriali, che normalmente rivestono la cavità interna dell’utero, al di fuori dell’organo. La peculiarità di tali cellule, nonostante stiano in una sede ectopica, è di essere ugualmente attive.
D. NE PARLIAMO CON IL DOTT. SILVIO LIGUORI, SPECIALISTA IN GINECOLOGIA E OSTETRICIA PRESSO L’OSPEDALE S.PIETRO FATEBENEFRATELLI DI ROMA PER APPROFONDIRE L’ARGOMENTO.
R. Distinguiamo due forme di endometriosi, quella classica “esterna” all’utero, e la variante “interna” all’utero denominata adenomiosi. La malattia si può presentare in vari stadi di gravità, da forme più lievi (I Stadio) fino a condizioni più gravi (IV Stadio). Essendo una patologia infiammatoria cronica e causando progressivamente un’alterazione della normale anatomia, può rappresentare una causa di infertilità. Tra i sintomi della malattia endometriosica abbiamo il dolore pelvico cronico, la dispareunia, il dolore mestruale, la dischezia ed il dolore urinario.
La sintomatologia può essere così importante da influenzare negativamente la qualità di vita della paziente, tanto che l’endometriosi può essere definita come “malattia invalidante”, perché in alcune condizioni impedisce la normale vita quotidiana, la vita lavorativa ed i normali rapporti sociali.
Nonostante i sintomi abbastanza evidenti, la diagnosi può non essere facile e immediata, è noto infatti in letteratura che il tempo medio che può intercorrere per la diagnosi è di circa 7 anni. Uno dei motivi, caratteristico proprio dell’endometriosi, è dovuto al fatto che la sintomatologia spesso non si correla con lo stadio della malattia.
D. Dott. Liguori, perché si parla sempre più spesso di endometriosi?
R. In Italia, le donne con endometriosi sono più di 3 milioni. Indubbiamente la malattia è più frequente e conosciuta, per varie ragioni. Innanzi tutto l’età media della prima gravidanza, ormai oltre i 30 anni. I nostri genitori invece procreavano già a partire dai 20 anni, e la gravidanza stessa rappresentava un fattore di protezione per la donna. Pertanto fare pochi figli e in età avanzata ha portato ad un aumento di frequenza dell’endometriosi. Tra le altre cause il menarca precoce, la manopausa tardiva, il consumo di alcol in aumento nelle donne, la presenza sempre più massiccia degli inquinanti ambientali.
Importante è stato anche l’avvento della chirurgia laparoscopica, ossia la possibilità di guardare da vicino ed a forte ingrandimento la pelvi durante gli interventi, ha permesso rispetto agli anni passati una migliore conoscenza della malattia endometriosica. Da qui l’implementazione negli studi sulla sua patogenesi ed evoluzione, attraverso la ricerca ed i numerosi lavori scientifici.
Inoltre, la risonanza mediatica attraverso internet ed i social network, con la possibilità di divulgare facilmente a tutti gli utenti le problematiche connesse alla malattia, oltre alla possibilità di poter alzare la voce e farsi sentire da parte delle pazienti, attraverso le varie associazioni.
D. Che cos’è invece l’endometriosi profonda?
R. E’ una forma molto temibile. Si verifica quando la malattia colpisce la parte più profonda della pelvi, ossia il setto retto-vaginale. Essendo anatomicamente vicino al retto, alla vagina e ai plessi nervosi, può dare una sintomatologia dolorosa molto importante ed invalidante.
D. E l’adenomiosi?
R. Come già illustrato si tratta della endometriosi “interna” all’utero. Spesso l’adenomiosi viene scambiata per fibromatosi uterina o miomatosi uterina, o si presenta come reperto occasionale durante un intervento. In realtà una volta fatta una corretta diagnosi anamnestica e strumentale con l’ecografia, la terapia è sostanzialmente medica.
D. Come si cura l’endometriosi?
R. Premesso che la terapia migliore sarebbe una bella gravidanza, l’endometriosi può essere trattata con una terapia medica o chirurgica. La terapia medica, di tipo ormonale, è indicata nelle forme iniziali e moderate, è una terapia sostanzialmente anti-estrogenica, ed ha lo scopo di “addormentare” la malattia al fine di tenerla sotto controllo.
In generale la terapia medica funziona molto bene sulla malattia, con una notevole riduzione anche della componente sintomatologica.
Nel caso di presenza di endometriomi o cisti ovariche endometriosiche, le linee guida attuali consentono un approccio medico anche in pazienti con cisti di 4-5 cm. di diametro, posticipando quindi un eventuale intervento chirurgico.
Negli ultimi anni si è sviluppato inoltre il concetto di “approccio multidisciplinare” alla malattia, ossia lo studio della paziente da parte di più medici delle varie specialità (ginecologo, chirurgo, urologo, gastroenterologo, radiologo, psicologo), al fine di inquadrare al meglio tutte le patologie legate all’endometriosi.
D. Quali sono le novità riguardo la terapia medica?
R. Da qualche anno è uscito il primo farmaco con indicazione specifica per l’endometriosi, con ottimi risultati in termini di controllo della malattia e minori effetti collaterali. Restano valide comunque le altre terapie ormonali fin ora utilizzate “off label”, che hanno come obiettivo comune la soppressione dello stato ormonale.
D. E le novità dei nuovi LEA?
R. Quest’anno abbiamo assistito ad un passaggio storico, ossia l’endometriosi è entrata a far parte dei nuovi LEA, quindi significa che finalmente le Istituzioni hanno riconosciuto l’endometriosi come una malattia cronica, esistente e meritevole di tutele.
D. Parliamo quindi della terapia chirurgica
R. Nei casi più gravi e resistenti alla terapia medica, e nelle forme gravi e sintomatiche della malattia, è necessario ricorrere alla chirurgia. L’approccio mini-invasivo laparoscopico ha permesso in questi anni di conoscere e trattare meglio la malattia, essendo allo stesso tempo più conservativi. Nelle forme più severe invece, anche grazie all’avvento e all’efficacia della sopracitata terapia medica più specifica, si è fatto un passo indietro, riservando la chirurgia come ultimo step solo in quelle forme più importanti e/o resistenti alla terapia medica. Questo per evitare le possibili complicanze legate ad una chirurgia che interessa l’ovaio, parti di intestino e plessi nervosi. Da qui il concetto di chirurgia “fertility e nerve sparing”.
D. Ci spiega meglio il concetto di “preservazione della fertilità”?
R. L’endometriosi interessa pazienti giovani, spesso nullipare e quindi desiderose di prole. Negli anni si è posta quindi una maggiore attenzione all’ovaio affetto da endometriosi, spostando sempre più avanti il momento della chirurgia e cercando tecniche per preservare il più possibile il suo patrimonio ovocitario, e quindi la fertilità.
Sostanzialmente una chirurgia più attenta e meno radicale.
Il tutto va comunque sempre valutato e personalizzato in base al caso clinico, essendo sì conservativi ma senza dimenticare la eventuale recidiva e la estremamente rara ma possibile evoluzione maligna della malattia, in caso di non intervento.
D. Cosa possiamo consigliare quindi ad una paziente con sospetto di endometriosi?
R. L’endometriosi pur essendo una malattia cronica, a tutt’oggi è ben conosciuta ed è possibile controllarla con una terapia medica efficace. In alternativa la terapia chirurgica, che negli è diventata sempre meno radicale ed invasiva, con una maggiore preservazione della fertilità. E’ di fondamentale importanza però che la paziente si rivolga a medici e centri specializzati che conoscono la malattia così da poterla affrontare e trattare nel modo migliore.
Dott. Silvio Liguori
Specialista in Ginecologia e Ostetricia
Studio Medico
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