di Arianna Tarquini

Partendo da una considerazione molto semplice, ovvero che l’implantologia viene considerata come la miglior soluzione per la sostituzione degli elementi dentali compromessi, è bene precisare altresì che la sopravvivenza di un impianto osteointegrato si aggira intorno al 95 e al 98 per cento a dieci anni.

I dati scientifici in realtà negli ultimi anni stanno sempre più sottolineando come il termine utilizzato (sopravvivenza) non sia purtroppo un sinonimo di successo. Infatti negli ultimi anni si sente parlare sempre più spesso di implantologia, grazie ad un’attenta e sempre più mirata divulgazione mediatica e soprattutto attraverso frequenti campagne pubblicitarie di centri medici a basso costo che contribuiscono a creare un’immagine dell’implantologia come soluzione definitiva al problema dell’edentulia dovuta all’estrazione di un dente altrimenti non recuperabile.

La comunità scientifica continua a spingersi verso una maggiore attenzione alla preservazione dei denti naturali che sebbene compromessi, possono alle volte essere recuperati eseguendo tecniche endodontiche, restaurative e protesiche idonee.

Ma spieghiamo più nel dettaglio di che cosa stiamo parlando. L’implantologia viene solitamente proposta come soluzione a denti compromessi dal punto di vista parodontale: in alcuni casi è certamente l’unica scelta disponibile, mentre in altre situazioni potrebbe essere più opportuno eseguire trattamenti parodontali idonei. Tali trattamenti, sono suffragati da evidenze scientifiche che dimostrano come tali cure possano consentire la sopravvivenza del dente anche per diversi anni.

Altrettanto importante è il ruolo rivestito dalla sensibilizzazione del paziente al cambiamento di abitudini errate (per es. cattiva igiene orale domiciliare, mancata igiene orale professionale ed astensione dai controlli periodici, dieta, fumo) che sono considerate le cause principali dell’insorgenza di carie e malattia parodontale. Nel caso di patologie a carico della struttura di sostegno del dente, esistono diverse evidenze cliniche e scientifiche che dimostrano come si possa intervenire correttamente nel rispristino dello stato di salute dentale (scaling e root planing, full mouth disinfection, terapia parodontale chirurgica, ecc…).

Attualmente invece, per quanto riguarda la patologia a carico dell’impianto dentale, non risultano protocolli clinici altrettanto validi e procedure terapeutiche predicibili che non prevedano l’accesso chirurgico per il debridement e la disinfezione della superficie implantare. Tuttavia, anche questi protocolli possono risultare spesso fallimentari e raramente si riesce ad ottenere una “riossificazione” della sede perimplantare.

La ricerca scientifica al momento è decisamente orientata verso l’acquisizione di nuovi protocolli terapeutici al fine di affrontare la perimplantite in modo efficace e predicibile ed auspica un eventuale miglioramento in questo senso. Tuttavia, sono tutti concordi nel ritenere sicuramente più opportuno provare in vario modo a salvaguardare il dente naturale per prolungarne l’aspettativa di vita del paziente.

Pubblicato nel mese di Gennaio 2018