di Arianna Tarquini
La SLA appartiene alle malattie neurodegenerative rare: in Italia si contano circa 3500 malati e 1000 nuovi casi all’anno. Nel corso della malattia muoiono le cellule nervose responsabili del comando dei muscoli (motoneuroni) e si assiste a una paralisi degli arti così come della muscolatura respiratoria. Nella maggior parte dei casi, i pazienti muoiono 1-10 anni dopo l’inizio della malattia. Non sono trascorsi molti anni da quando i neurologi raccontavano di arrivare alla diagnosi di SLA per esclusione. Attraverso i sintomi e le varie disabilità, si escludevano altre malattie neurodegenerative e questo richiedeva molta preparazione clinica e molta esperienza. Oggi, il quadro della malattia sta cambiando. L’individuazione di biomarcatori delle malattie neurodegenerative è fondamentale per l’avvio di una terapia personalizzata dei pazienti. In particolare, la ricerca di biomarcatori sierici, cioè rintracciabili anche nel sangue, apre la strada non solo alla diagnosi precoce, ma anche alle terapie future.
Un semplice prelievo del sangue per diagnosticare la SLA e per prevedere il decorso della malattia: la ricerca è stata condotta dal gruppo del professore Markus Otto dell’Università di Ulm (Germania) e del ricercatore Federico Verde dell’Università di Milano e dell’Istituto Auxologico Italiano. Il test messo a punto dal gruppo di ricerca italo-tedesco permette una differenziazione della SLA da altre malattie neurologiche.
Non è necessario un prelievo di liquido cerebrospinale, ma semplicemente un campione di sangue. Quindi molto più semplice, non traumatico per i pazienti e soprattutto ripetibile nel tempo. Il test sul sangue misura la concentrazione di neurofilamenti nel siero dei pazienti. Si tratta di proteine che formano l’impalcatura delle cellule nervose come i motoneuroni. Se, infatti, queste cellule nervose degenerano – come nel corso della sclerosi laterale amiotrofica – vengono rilasciati dei frammenti dell’impalcatura proteica.
Nel sangue dei pazienti con SLA si è osservata la più alta concentrazione di NFL e questo ha reso possibile una diagnosi differenziale. Inoltre, la comparazione delle misurazioni ha consentito ai ricercatori di stabilire una soglia diagnostica per la sclerosi laterale amiotrofica: se la suddetta soglia di concentrazione di NFL nel sangue è superata, la diagnosi di SLA è rafforzata. Gli autori hanno mostrato che il livello misurato del biomarcatore può essere messo in correlazione con l’aggressività del decorso della malattia.
Il biomarcatore NFL è misurabile già poco tempo dopo l’esordio dei primi sintomi e possibilmente permetterà di tracciare anche la risposta a future terapie. La rilevanza dello studio è triplice: esso arricchisce la clinica della SLA di un nuovo test diagnostico che si affianca alle indagini cliniche, neurofisiologiche e di neuro-immagine. Inoltre promuove il sangue, ottenuto mediante prelievo venoso periferico, a materiale biologico di primaria rilevanza diagnostica in un ambito clinico nel quale le indagini biochimiche erano tradizionalmente limitate al liquido cerebrospinale. Infine introduce un test di probabile futuro impiego per il monitoraggio della risposta a trattamenti sperimentali nel corso di trial farmacologici.
Pubblicato nel mese di Novembre 2018