prof. Paolo Palombi |

Sono circa 4 milioni gli italiani che soffrono di artrosi, una malattia degenerativa della cartilagine, il tessuto che riveste l’interno dell’articolazione.

E’ un processo patologico che trae origine dalla perdita del fisiologico equilibrio tra processi degratativi e riparativi a carico della cartilagine articolare. L’artrosi colpisce più frequentemente le donne dopo i 55 anni quando l’incidenza è più alta mentre prima dei 45 anni il maschio risulta più affetto. Le sedi più colpite sono ginocchia e anca.

La medicina ha fatto molti passi avanti nella prevenzione e nelle cure.

Siamo nello studio del Prof. Paolo Palombi per conoscere meglio, le nuove frontiere nella prevenzione delle lesioni preartrosiche dell’anca e del ginocchio con le cellule staminali adulte.

 

D. Prof. Palombi qual è la funzione delle cellule staminali?
R. Le CS hanno la facoltà di auto replicarsi e di differenziarsi nella direzione delle cellule specifiche proprie del tessuto dove vengono localizzate. Ad esempio collocate in un ambiente articolare, sono in grado di orientarsi e differenziarsi verso la direzione delle cellule cartilaginee, apportando nuova vitalità al tessuto cartilagineo danneggiato.

 

D. quante tipologie di CS esistono?
R. Oggi conosciamo CS fetali, embrionarie adulte. Nelle adulte, quelle di interesse ortopedico sono le cosiddette cellule mesenchimali, progenitrici del tessuto osseo e cartilagineo se stimolate da specifici fattori di crescita. Esse possono essere innestate in forma autologa, cioè prelevate da un sito anatomico diverso dello stesso paziente, omologa, da un altro individuo della stessa specie, ed eterologa, ovvero prelevate da donatore di specie diversa ( maiale, cavallo, ecc. ).

Quelle utilizzate per le lesioni articolari sono le autologhe adulte, ossia prelevate dallo stesso paziente estemporaneamente, nella stessa seduta operatoria.

 

D. Da dove vengono prelevate?
R. Le sedi di prelievo sono abitualmente il midollo osseo, ma oggi si è osservato che il tessuto adiposo con la sua componente stromale, è il più ricco di elementi cellulari mesenchimali e fattori di crescita. Peraltro il prelievo, solitamente dal pannicolo adiposo dell’addome, risulta di facile e rapida esecuzione, e ben tollerato dal paziente, potendosi effettuare con ago da liposuzione in anestesia locale.

 

D. Quanto dura la procedura chirurgica?
R. Dopo il prelievo adiposo, mentre il tessuto ottenuto con la liposuzione viene processato, il chirurgo solitamente procede ad una artroscopia in anestesia locale che serve a fare un “ debridment “ ovvero una pulizia articolare con la regolarizzazione dei frammenti cartilaginei mobilizzati o con le esportazioni degli osteofiti ( deformazione ossee artrosiche ). Successivamente viene collocato in articolazione il prelievo ormai pronto. Il tutto può richiedere un tempo di 30/40 minuti, che permette al paziente di tornate al proprio domicilio con l’aiuto di bastoni “ canadesi “.

 

Grazie Professore per la sua disponibilità e chiarezza.