Boom segnalazioni consumo di droghe: cannabinoidi, ecstasy e cocaina

0

di Arianna Tarquini

Crescono in modo esponenziale le persone segnalate in Italia per consumo di droghe: da 27.718 del 2015 a 38.613 del 2017, ovvero +39% in soli due anni. E in questo quadro, si conferma l’impennata delle segnalazioni dei minori che qsi uadruplicano rispetto al 2015. In occasione della giornata internazionale contro il Narcotraffico parliamo delle droghe più diffuse in Italia per capirne effetti e conseguenze.

Innanzitutto i cannabinoidi: con il termine cannabis” si comprendono tutte le sostanze psicoattive che si ottengono dalla cannabis sativa o, meglio, dalle infiorescenze femminili di tale pianta. Il termine comprende circa 60 componenti attivi fra cui i più importanti sono: il tetraidrocannabinolo (THC), componente attivo primario il cannabidiolo (CBD) il cannabinolo (CBN).

I derivati della cannabis sono le più diffuse ed usate droghe illegali. Diverse le tipologie: l’hashish, la marijuana e l’olio di hashish. La prima consiste primariamente nella resina prodotta dalle infiorescenze, sebbene anche altre parti dei fiori e delle foglie potrebbero essere incluse nella sua produzione. La seconda consiste nelle foglie seccate all’aria, nei fiori e parte del gambo ed infine l’olio è ottenuto per estrazione con solventi organici. Si tratta di un liquido viscoso, simile a catrame, con un elevato contenuto in THC (circa 10-30% e, in taluni casi, fino al 60%).

Queste sostanze sono generalmente fumate con tabacco in forma di sigarette rollate a mano o in pipe speciali. Tra gli effetti si rintraccia l’euforia ed il senso di serenità; tra gli effetti collaterali ci possono essere invece sonnolenza, mancanza d’ascolto, modificazioni nella percezione spazio-temporale, agitazione, irritazione, congiuntivite, midriasi (pupille dilatate). Sono inoltre documentati effetti cardiovascolari quali tachicardia e variazioni della pressione sanguigna.

Lo stato indotto dalla cannabis varia notevolmente in accordo alla personalità dell’assuntore, allo stato psicologico, a condizioni esterne, al modo d’uso e alla quantità di THC assunto. A causa di tale variabilità la cannabis può provocare differenti effetti anche sullo stesso individuo e pertanto lo stato fisico/emozionale indotto non è mai prevedibile. La cannabis ha una tossicità molto bassa. Non vi sono chiari casi documentati di morte per cannabis nell’uomo. Sono tuttavia documentati moltissimi incidenti (stradali, sul lavoro …) mortali connessi all’abuso di cannabinoidi.

L’abuso di cannabis conduce ad una dipendenza psicologica accompagnata dal rischio di un cambio di personalità, di perdita di contatto con la realtà e di auto negazione. Diversi studi americani ed europei hanno mostrato vari pericoli: danno cromosomico, disturbo del bilancio ormonale, possibilità di impotenza, sterilità temporanea e sviluppo di seno nell’uomo e del metabolismo ormonale, danni ai polmoni e alle vie respiratorie. Infine, c’è la possibilità di danni cerebrali a lungo termine in quanto tracce di THC rimangono a lungo in quest’organo.

Ecstasy” è il nome di strada corrispondente alla metilendiossimetamfetamina. Negli ultimi anni tale sostanza è divenuta estremamente nota raggiungendo decine di milioni di utenti in Europa. In termini farmacologici l’MDMA si situa a metà fra i composti stimolanti e quelli allucinogeni; ha una primaria influenza a livello comunicativo ed emozionale, svelando la psiche dell’individuo e toccandolo in posti nascosti. Per tali motivi l’MDMA venne inizialmente inserita in medicina nella terapia psicanalitica.

La Serotonina è una sostanza endogena che agisce da neurotrasmettitore (ovvero trasportando l’impulso nervoso nel cervello) e che ha funzioni di controllo sull’umore, sulle emozioni, sull’aggressività, sul sonno, sull’appetito, sull’ansietà, sulla memoria e sulle percezioni. Essa agisce aumentando la presenza di serotonina alle terminazioni sinaptiche provocando vari effetti psicologici: forte sensazione di benessere; accresciuta confidenza con gli altri; rimozione delle barriere emotive e comunicative; esaltazione delle sensazioni; maggiore capacità di percepire il ritmo e la musica.

Gli effetti di tale sostanza si instaurano 30-60 minuti dopo l’assunzione, inizialmente appaiono con un senso di malessere, di respiro affannoso, di paura per poi rivelarsi in quelli desiderati: incrementato interesse nei rapporti interpersonali, vigilanza e resistenza fisica. Frequentemente l’ecstasy è assunta in combinazione con altre sostanze quali LSD, cocaina, amfetamine o alcol. Le combinazioni con droghe stimolanti tende ad incrementare la tensione e ad aumentare l’effetto. Con l’LSD rende l’effetto allucinogeno più agevole da sopportare. L’alcol diminuisce l’effetto dell’ecstasy ma, d’altra parte, aumenta la disidratazione. La cannabis è generalmente usata nella fase di raffreddamento.

La dipendenza da tali sostanze è esclusivamente psicologica (nonostante occasionali situazioni di emicrania e depressione in assenza di assunzione). Uno dei pericoli più gravi, che distingue in modo particolare questa classe di sostanze da altre classi di droghe, è costituito dall’elevata neuro-tossicità. Studi approfonditi su animali e, successivamente, su volontari umani hanno dimostrato la degenerazione irreversibile dei neuroni produttori di serotonina che, in pratica, si “bruciano”. Nei casi in cui le cellule degenerate ricrescono si è notato come tale crescita dia luogo a neuroni mutati e inattivi.

Nel settembre 2002, è apparso sulla rivista Science, un nuovo articolo a cura del gruppo di studio del Dr. Ricaurte relativo degli studi condotti su primati (babbuini) che hanno evidenziato che lo stesso comportamento già riscontrato per la serotonina, viene evidenziato anche per la dopamina. Essendo la dopamina implicata in tutte le funzioni motori” dell’organismo umano, la neuro-tossicità per dopamina evidenziata dall’ecstasy fa ritenere che gli assuntori di tale sostanza presentino un’aumentata vulnerabilità verso le disfunzioni motorie. In altre parole, esistono fondati motivi di credere che, a lungo termine, l’uso di ecstasy possa condurre non solo a patologie neuropsichiatriche correlate alla deplezione di serotonina ma anche quelle correlate alle deficienze di dopamina quali, ad esempio, il morbo di Parkinson.

In aggiunta ai danni neuropsichiatrici altri pericoli possono essere psicosi paranoide, collasso cardiocircolatorio, emorragia cerebrale ed infarto. Fra assuntori di lungo periodo, si è notato lo sviluppo di danni epatici ed ipertermia spesso ad esito infausto.

La Cocaina è il nome della pianta dalle cui foglie si ottiene la Cocacina cloridrato (HCL, il sale cloridrato della cocaina), venduta illegalmente in diversi gradi di purezza. Il principio attivo è sempre la cocaina base, che si libera nell’uso. La dose letale è di circa 1-1,2 grammi.

Tradizionalmente gli effetti psichici della cocaina sul sistema nervoso centrale sono stati riassunti in quattro stadi di diversa gravità in dipendenza dalla dose e dalla frequenza d’uso. Essi sono:

– Euforia, caratterizzato da labilità affettiva, accresciuta performance cognitiva e motoria, ipervigilanza, anoressia ed insonnia;

– Disforia, caratterizzato da tristezza, malinconia, apatia, difficoltà di attenzione e di concentrazione, anoressia e insonnia;

– Paranoia, caratterizzato da sospettosità, paranoia, allucinazioni e insonnia;

– Psicosi, caratterizzato da anedonia, allucinazioni, comportamento stereotipato, ideazione paranoide, insonnia, perdita di controllo degli impulsi, disorientamento.

L’azione gratificante della cocaina si esplica attraverso l’attivazione dei neuroni dopaminergici del sistema mesolimbico. La cocaina potenzia la trasmissione dopaminergica aumentando la concentrazione di dopamina. L’incremento della dopamina avviene a causa del blocco dei trasportatori che normalmente la ricatturano dallo spazio sinaptico. La somministrazione ripetuta comporta una compromissione della funzionalità dopaminergica, con riduzione della concentrazione sinaptica della dopamina e dalla ipersensibilità dei recettori post-sinaptici osservabili nel trattamento cronico. La cocaina esercita anche una azione inibente, come anestetico locale perché blocca la conduzione dell’impulso nervoso a livello dei canali voltaggio-sensibili del Na+, cui si lega con una moderata affinità.

Il desiderio di riprovare il piacere iniziale e di sfuggire all’ansia conduce all’uso compulsivo della sostanza, arrivando a vere e proprie abbuffate durante le quali il soggetto non si alimenta, non dorme, diviene sempre meno euforico, più disforico, agitato ed aggressivo. Questa dipendenza dura in genere 2-3 giorni e si interrompe per un crollo psicofisico del soggetto che piomba in uno stato di torpore-apatia o per l’insorgenza di uno stato psicotico.

Tra i pericoli dovuti all’assunzione di tale sostanza si rintracciano: vasocostrizione e spasmi che possono condurre all’insorgenza di infarti; l’arteriosclerosi che è accentuata e può portare alla formazione di trombi; le crisi ipertensive possono portare ad emorragie cerebrali. Infine l’assunzione per via nasale può condurre, per gli effetti vasocostrittori della sostanza, alla necrosi e alla perforazione del setto.

A livello polmonare si possono osservare ipertensione e edema. È stata descritta anche una sindrome, detta “polmone da crack”. Infine, la cocaina è anche un agente epilettogeno: la capacità di provocare convulsioni generalizzate aumenta a seguito di ripetute somministrazioni.

Pubblicato nel mese di Agosto 2018

CONDIVIDI

LASCIA UN COMMENTO